Il Re tra i Re del Risotto Piemontese: La Paniscia a Modo Mio

 Ma Buongiorno a tutti!

Anche questa settimana vi posso deliziare con un articolo sulla tradizione culinaria del Piemonte e di Novara, un piatto a base di riso che racchiude in sè la cultura e i sapori del territorio, la Paniscia, da non confondere con la Panissa Ligure, una polentina di ceci.


La paniscia è un risotto "speciale" che contiene al suo interno fagioli, cavolo, parti povere e carne del maiale come la cotenna, il lardo, ecc... è estremamente calorico ed adatto, come molti altri piatti che vi ho riportato, alla stagione fredda, ma è anche un eccezionale comfort food perchè ti coccola le papille gustative e riscalda lo stomaco! 

UN PO' DI STORIA

Il Parente Misterioso: Le origini della paniscia sono, per una volta, abbastanza chiare! Prima dell'avvento del riso come coltivazione tra le principali di Piemonte e Lombardia, era normale usare cereali poveri come miglio, segale, orzo e panico (Setaria italica) per cucinare una zuppa il più nutriente possibile ed è proprio da quest ultimo che deriverebbe il nome "paniscia": cereale molto simile al miglio (Panicum miliaceum), era ben conosciuto fin dai Romani che lo utilizzavano, cotto e pestato, come polentina; anche in Cina, India e Medio Oriente viene ancora usato per l'alimentazione umana. Ad oggi, purtroppo, pur essendo il secondo tipo di miglio più diffuso nelle coltivazioni, viene principalmente usato in Europa per l'alimentazione animale come becchime o foraggio.

In epoche antiche il riso in Europa ed in Italia veniva considerato, di volta in volta, una spezia non troppo costosa od un medicinale e, tra i romani, vi era scarsa conoscenza della pianta: al massimo veniva usata in decotti per combattere dolori addominali o altri malanni; la nomea del riso rimase tale fin verso l'Alto Medioevo, quando complici l'arrivo della Peste e la scarsità degli altri cereali, si cominciò a vedere questa "spezia" sotto una luce diversa. 
Prodotto agricolo molto florido e adatto a sfamare le masse, cominciò nel XIV secolo a diffondersi, ma fu nella seconda metà del XV secolo che prese davvero piede divenendo coltivazione gradita ai potenti: in un secolo in Italia si passò dai 5000 ettari coltivati nel '400 ai 50000 del '500 (oggi supera i 200000 ettari!), ma non solo! Il riso divenne persino moneta e "arma" negli scambi tra gli stati, tanto che si tentò di proteggerlo con appositi provvedimenti legali.

Tornando alla nostra paniscia, si racconta che i primi tentativi di sostituzione del panico col riso avvennero spezzando i grani di quest ultimo per simulare, appunto, il noto cereale più conosciuto: la cosa prese piede e divenne, nel tempo, consuetudine. Nel tempo, col costituirsi di una società ben più ricca, si prese non solo ad usare ingredienti di origine animale, grassi e saporiti, ma si cominciò anche a rendere la ricetta più complessa, come ad esempio la trasformazione da zuppa a risotto mantecato.

Come accennato prima non solo ogni provincia ha la sua ricetta, ma addirittura ogni famiglia ha la sua variante sul tema! Io ho scelto di fare la versione novarese ma, alla fine, ho preferito modificarla per darle un gusto più vicino al mio personale.

LA RICETTA

INGREDIENTI

  • 320 g Riso Carnaroli 
  • 250 g Fagioli Borlotti Ammollati o 300 g Freschi
  • 300 g Verza Tagliata Fine
  • Mezza Cipolla Dorata
  • 100 g Cotenna di Maiale
  • 100 g Lardo a Cubetti
  • 100 g Vino Rosso Barbera d'Asti
  • 2 Cucchiaini di Burro + quello necessario per mantecare
  • Olio EVO q.b.
  • Grana Padano q.b.
  • Sale q.b.
Il procedimento per questo piatto è un po' diverso dai soliti risotti, infatti si comincia sempre dal brodo che si fa così: in una pentola capiente va messo un filo di olio, la cotenna tagliata a striscioline e il torsolo della verza (non lo conto negli ingredienti, serve solo a dare sapore!). Si lascia soffriggere a fuoco medio-alto per qualche minuto, massimo cinque, e solo a questo punto si uniscono i fagioli e si ricopre con sufficiente acqua, fate attenzione ad aggiungerne altra in caso dovesse evaporare troppo. Si fa cuocere a fuoco basso finchè i fagioli non saranno morbidi ma non disfatti, circa un'oretta o due, in base alla loro freschezza.

Col brodo pronto si passa a cucinare il riso! In una pentola capiente e dai bordi alti si inseriscono due cucchiaini di burro, il lardo e la cipolla che in teoria andrebbe tritata, ma così ho sempre paura che bruci! Ho risolto mettendone mezza intera, il sapore rimane e si può eliminare facilmente in caso dovesse bruciare. Il riso va tostato circa 3-4 minuti o finchè non sprigiona un buonissimo aroma, bisogna però evitare di brunirlo. Si sfuma col vino rosso e si continua a mescolare fino a completa evaporazione, quindi si aggiunge il brodo: si inserisce qualche mestolo di brodo, fagioli e cotiche, evitando però i torsoli di verza. A questo punto va abbassato il fuoco e, se si vuole una verza più morbida, va aggiunta ora, altrimenti si aspetta la metà cottura.

Io sono dell'idea che sia meglio mescolare il risotto in cottura, in modo che rilasci amido e diventi più cremoso, ma voi fate come preferite 😁
A cottura ultimata va tolto dal fuoco e lasciato coperto un paio di minuti, successivamente si aggiungono burro e parmigiano a piacere per mantecarlo: va servito caldo con un buon bicchiere dello stesso vino usato per cucinare!


NOTE:
  • Questa è una ricetta che varia da famiglia a famiglia, quindi non è strano trovarne di diversissime, non vi preoccupate, non state "sgarrando" se fate qualche piccolo cambianto! Per farvi capire, basta girare per il Web per notare come ci siano idee un po' confuse sull'argomento: c'è chi dice che la paniscia novarese abbia carota, sedano, verza e cipolle e quella vercellese no, chi dice che nella vercellese ci vada il salame e nella novarese no o ci vada la mortadella di fegato, chi discute sul tipo di vino o del riso, ecc... secondo me sono discussioni con poco senso finchè si ha una cultura della paniscia così variegata da non esserci un canone!
  • La paniscia è un piatto che nasce in zone povere quindi perchè non recuperare qualcosa? Io ho usato i torsoli e le coste delle foglie della verza usata per la cassoeula, tagliate molto fini, così non ho buttato via niente! Stessa cosa per la cotenna, visto che la vendevano in quantità troppo grandi e ho dovuto dividerla.
  • Malgrado una certa variabilità venga accettata rimangono degli assoluti divieti se si vuole rimanere aderenti alla tradizione: nella paniscia non ci va il pomodoro, in nessuna sua forma!
  • Il problema con le verze è che possono rimanere croccanti e non cotte, in caso vi piacessero morbide potreste farle bollire per qualche minuto prima di aggiungerle al riso.
  • Ho preferito non mettere il salame della duja, un insaccato tipico, perchè nella mia famiglia non si è mai messo ma se volete potete aggiungerne in rosolatura assieme al lardo, sbriciolato, in circa 200 g.
Spero vi sia piaciuta questa ricetta e, come sempre, Buon Appetito! 😁









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